Una galleria di importanti opere come sala d’attesa di un noto ambulatorio dentistico padovano.

Lo studio dentistico del dottor Lorello ha trovato la ricetta per soverchiare il mito dell’atavica paura del dentista. Andiamo a scoprire insieme, come…
Entrare per la prima volta nello studio dentistico del dottor Giacomo Lorello, è come varcare la soglia di un luogo dove sai cosa aspettarti e invece trovi tutt’altro.

E la libera immaginazione, si sprigiona vistosamente di fronte allo splendore dell’arte, di un’arte raffinata, piena di buon gusto che annulla l’odore tipico dell’ambulatorio del dentista.
Ebbene, questo studio dentistico si è messo a dialogare con l’arte, con quella bellezza capace di allontanare la paura.

Non c’è condizione migliore per neutralizzare il terrore della poltrona del dentista, se non quella di poter restare nella sala d’attesa di un ambulatorio dentistico, avvolti da quadri, sculture, bassorilievi.
Giacomo Lorello è un odontoiatra illuminato, un gentil uomo cultore del bello e delle preziosità.

Torniamo all’ingresso: c’è che siamo a Padova e domina sulla parete più grande della sala d’attesa, un olio su tela, “La torre del diavolo alla Sacra Famiglia”, poi troneggia un torso di Augusto Murer, il busto del San Giovanni Battista di Philippe Doucrot. E nei corridoi troviamo una bellissima Lady Godiva di Felice Tosalli e un quadro di Fausto Calogero Pirandello, figlio di Luigi, dal titolo in tema: “I denti della marchesa”…

La sua passione per le opere d’arte, è amore per la bellezza o per il piacere di collezionare?
Amo la bellezza da sempre e credo che in un ambiente gradevole si stia meglio e si lavori meglio. L’idea di condividere queste opere con i miei pazienti, mi dà serenità. Lo faccio da trent’anni, lo considero un tratto distintivo. E siccome è il paziente che in queste circostanze subisce e i miei pazienti apprezzano, continuerò a farlo.

Il suo studio è dotato della più innovativa tecnologia in campo odontoiatrico. Ritiene che innovare e rinnovarsi sia determinante per offrire servizi migliori ai pazienti?
Sì assolutamente. Per noi è sempre stato così, da quando ho iniziato a lavorare (prima lo studio era in via degli Eremitani, ora è in via Tommaseo, ndr) circa 40 anni fa.

Per il nostro mondo il cambio epocale c’è stato nel 2007, quando il digitale è entrato anche nella nostra attività di odontoiatri.

Abbiamo notato ben tre stampanti 3D… c’entra in qualche modo il giovane dottor Giorgio Lorello?
Sì. A lui il compito di seguire il processo per realizzare tutto ciò che è possibile fare nel nostro ambito con le tecnologie di nuova generazione. Ad esempio, la tecnologia di queste stampanti 3D, laddove sia clinicamente possibile, ci permette di creare una capsula dentaria in poco tempo. Per cui il paziente può uscire con il suo dente ricostruito, senza troppe sedute.

L’inserimento di mio figlio nello staff dello studio, ha segnato un punto di svolta nella crescita e nello sviluppo del processo innovativo che da sempre ha caratterizzato la filosofia del mio modo di fare ed essere odontoiatra.

Con questa tecnologia è possibile realizzare dalle capsule a una protesi fissa abbattendo molto i tempi di attesa.

Com’è il rapporto professionale con suo figlio Giorgio?
Ottimo. Siamo in molti contesti interscambiabili, ma in altri “a ciascuno il suo”. Ha fatto la sua prima esperienza fuori dallo studio di famiglia, ma molte cose gliele ho trasferite e in questa costante sinergia, continuiamo a lavorare insieme.

Gli ho sempre detto: “sbaglia subito e impara subito”. Una giovane leva, deve cercare di imparare il più possibile, in poco tempo. Non dare la possibilità a un giovane di mettere in atto questo processo di apprendimento sul campo, significa negargli il valore dell’istruzione che gli è stata data e che egli stesso ha assimilato.

Questa sua affermazione vale per tutti i settori professionali…
Sì, ne sono convinto. I giovani vanno motivati subito, appena entrano nel mondo della pratica, dell’apprendistato per mettere a frutto i loro studi. Credo che molte fughe di cervelli di nostri bravi e preparati giovani, siano dovute proprio al fatto che il nostro paese non li mette nelle condizioni di porre in atto ciò che hanno appreso in anni di studio. Così, il sistema paese che garantisce le nostre università, investe su giovani che poi portano ‘fuori’ dall’Italia la loro eccellenza e la mettono a servizio di un altro stato.

Se chiedessimo a Giorgio chi è stato il suo mentore più importante?
Risponderebbe che suo padre, pur nella rigidità di un trasferimento di competenze disciplinato ed esigente, gli ha dato una grande spinta motivazionale, impartendogli anche i segreti del mestiere in poco tempo. Però devo ammettere che l’allievo è stato molto recettivo.